Ecco che cosa rischia secondo le nuove regole chi non riesce a pagare i propri debiti: una fotografia della situazione aggiornata.
Nel 2024, laddove un creditore sia entrato in possesso di un titolo esecutivo, ovvero di un atto che certifica in modo ufficiale la necessità di recuperare ciò che non gli è stato pagato, può mettere le mani sui beni del debitore.
I titoli esecutivi riconosciuti dalla legge sono le sentenze di condanna, i decreti ingiuntivi che non hanno ricevuto opposizione entro il limite di quaranta giorni, assegni o cambiali e cartelle esattoriali. Valgono come titoli esecutivi anche gli atti notarili che attestano obblighi di pagamento.
E in questo caso il debitore rischia sul serio, visto che l’iter per la riscossione del credito è già partito. La norma di riferimento è l’articolo 2740 del Codice Civile, secondo cui “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”. Proprio in base a tale premessa il creditore ha il diritto di pignorare i beni del debitore per recuperare il dovuto.
Questi beni pignorabili possono essere quelli di cui il debitore era titolare prima della nascita del debito o acquisiti successivamente, come per esempio l’acquisto di un immobile dopo aver ottenuto una donazione o un bene in eredità.
E spetta al creditore decidere quali beni aggredire. La legge permette infatti che il pignoramento possa essere effettuato direttamente sul conto corrente, sullo stipendio o sulla pensione o sui titoli di credito. Laddove non ci siano beni economici liquidi la norma non esclude la possibilità di mettere le mani su oggetti depositati in cassette di sicurezza, polizze assicurative con scopo speculativo, quote in società o le azioni, beni mobili e immobili, automobili e canoni di affitto.
Per la prima casa vige il divieto di pignoramento solo in alcuni casi particolari. In generale, infatti anche la prima casa è sempre pignorabile in caso di debiti privati, cioè pendenze maturate nei confronti di banche, aziende o persone fisiche. L’eccezione riguarda l’Agenzia delle Entrate, che non può pignorare se la casa è l’unico immobile di proprietà del debitore, non è un bene di lusso ed è a utilizzo abitativo.
Il debitore che non riesce a pagare i propri debiti rischia sostanzialmente sanzioni amministrative e pignoramenti. Al di là di ciò, l’ordinamento non permette altri tipi di pena. Quindi, per i debiti, non si va in galera. Chi non paga i creditori commette un inadempimento contrattuale e non un reato: per questo non ci sono conseguenze penali.
Chi ha debiti con le banche rischia però anche la segnalazione alla CAI e in tutti i sistemi di informazioni creditizie come la CRIF. Ciò rende probabile la segnalazione come cattivo pagatore che rende poi complicata la possibilità di ottenere nuovi finanziamenti (prestiti, mutui…). E non solo.
Con la segnalazione alla CRIF può scattare anche il divieto di emettere assegni e si può verificare un’oggettiva difficoltà nell’aprire nuovi conti correnti. La situazione cambia per i debitori che non hanno beni intestati. In questo caso il pignoramento dei beni diventa oggettivamente impossibile. Lo stesso succede per chi gode solo di una pensione minima. La legge dice infatti che i titolari di pensioni basse (entro i limiti stabiliti del doppio del minimo vitale, pari nel 2024 a 598,61 euro) vanno considerati alla stregua di nullatenenti e che la loro pensione non può essere toccata.
Secondo le regole attive nel 2024 i creditori non possono mettere le mani sull’assegno di disoccupazione, l’assegno di invalidità e l’assegno di accompagnamento. Stessa cosa per i sussidi corrisposti a poveri e disabili. Anche le assicurazioni sulla vita che non hanno scopo di investimento o di rendita non possono essere toccate.
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