Grazie ai nuovi calcoli molti pensionati, con l’arrivo del 2025, vedranno un aumento della loro pensione
L’aumento della pensione è una manna dal cielo per molti pensionati. La sua rivalutazione resta un tema centrale e delicato, con implicazioni dirette sulla qualità della vita di milioni di italiani.
Tema che è stato sempre al centro di dibattiti e discussioni, non solo in ambito politico ma anche sui social. C’è un cambiamento in vista a partire da gennaio 2025 che potrebbe vedere molte mensilità incrementate.
Cosa implica l’aumento delle pensioni a gennaio 2025 e cosa aspettarsi
Il governo dovrà decidere se applicare le regole originali o continuare con le attuali restrizioni. Di cosa si tratta? A partire da gennaio 2025, i pensionati italiani vedranno un incremento nei loro assegni, frutto della rivalutazione, il meccanismo che adegua le pensioni all’andamento dell’inflazione. Anche se, ed è necessario specificarlo, permangono alcune incertezze riguardo al calcolo utilizzato per determinare questi aumenti.
Secondo la normativa vigente, in particolare la legge n. 448 del 1998, il calcolo della rivalutazione dovrebbe tornare ai criteri originali. Questo sistema prevede una perequazione al 100% del tasso di inflazione per gli assegni il cui importo non supera quattro volte il trattamento minimo. Per gli importi superiori, la rivalutazione è ridotta: 90% per la parte tra le quattro e le cinque volte il trattamento minimo e 75% per la parte che eccede le cinque volte.
Negli anni, diversi governi hanno modificato questo meccanismo per ridurre la spesa pubblica. L’ultimo intervento significativo è stato operato dal governo Meloni, che ha introdotto regole più severe nelle leggi di Bilancio 2023 e 2024. Queste nuove norme hanno ridotto gli importi della rivalutazione per le pensioni superiori a quattro volte il trattamento minimo, applicando un indice di perequazione inferiore a quello originariamente previsto.
Teoricamente, il taglio introdotto dal governo Meloni dovrebbe cessare il 31 dicembre 2024. Se non vi saranno ulteriori proroghe, dal 2025 si tornerà al sistema di calcolo più favorevole. Inoltre, è improbabile che il governo intervenga nuovamente, considerando che il tasso di inflazione previsto è relativamente basso. È importante notare che la Corte Costituzionale ha in passato giudicato illegittimi i tagli reiterati alla rivalutazione e si pronuncerà presto sui tagli del 2023 e 2024, a seguito di un ricorso presentato dal sindacato UIL Pensioni.
Secondo il Documento di economia e finanza per il 2024, l’inflazione prevista è dell’1,6%. Ecco come verrebbero calcolati gli aumenti con il metodo originario:
– Fino a quattro volte il trattamento minimo (2.394,44 euro): rivalutazione al 100% del tasso, quindi 1,6%.
– Tra le quattro e le cinque volte il trattamento minimo (2.993,05 euro): rivalutazione al 90%, quindi 1,44%.
– Oltre le cinque volte: rivalutazione al 75%, quindi 1,2%.
Ad esempio, una pensione di 1.000 euro vedrebbe un aumento di 16 euro mensili lordi, mentre una pensione di 2.300 euro aumenterebbe di 36,80 euro. Per una pensione di 2.600 euro, l’incremento sarebbe di circa 41 euro.
Se il metodo Meloni fosse confermato per un altro anno, gli aumenti sarebbero molto più modesti. Con questo metodo, l’intero importo della pensione viene rivalutato parzialmente, con percentuali di rivalutazione inferiori:
– Fino a quattro volte il trattamento minimo: 1,6%.
– Tra le quattro e le cinque volte: 1,36%.
– Tra le cinque e le sei volte: 0,848%.
– Tra le sei e le otto volte: 0,752%.
– Tra le otto e le dieci volte: 0,592%.
– Oltre dieci volte: 0,352%.