Il dipendente che usa l’anticipo del TFR per uno scopo diverso da quello indicato al datore di lavoro cosa rischia?
L’anticipo del Trattamento di Fine Rapporto viene concesso al dipendente solo a condizione che ne faccia un uso ben preciso. Si rischierebbe il licenziamento violando i termini normativi?
L’anticipo del TFR è uno strumento che il lavoratore può sfruttare per accedere prima del tempo ad una parte di liquidità a lui spettante al termine del rapporto di lavoro. Il Trattamento di Fine Rapporto viene accumulato dal dipendente durante la carriera. Spetta al datore di lavoro accantonare un importo pari alla retribuzione annua del dipendente dividendola per 13,5 mentre il lavoratore ha il compito di verificare che l’accumulo avvenga correttamente.
Se durante il corso dell’attività lavorativa il dipendente avesse bisogno di liquidità, potrebbe chiedere al datore di lavoro un anticipo del TFR ma ad alcune condizioni. Non tutte le urgenze economiche, infatti, sono ammesse dalla Legge. Bisognerà avere una motivazione valida come l’acquisto o ristrutturazione della prima casa, le spese per terapie o interventi straordinari o le spese da affrontare durante periodi di fruizione dei congedi parentali o di formazione.
Cosa succede se si usa il TFR per uno scopo diverso da quello dichiarato
Il dipendente per ottenere l’anticipo del TFR dovrà motivare la sua richiesta apportando prove della necessità di avere liquidità per una delle motivazioni prima descritte. Un certificato medico, ad esempio, in caso di spese mediche o il progetto di ristrutturazione per il rinnovo della casa. Cosa accadrebbe se invece di usare i soldi dell’anticipo per lo scopo indicato al datore di lavoro si usassero per un altro fine?
La Legge non dice con esattezza quali sarebbero le conseguenze di tale gesto. Possiamo ricercare la risposta nei precedenti della Giurisprudenza. Il datore di lavoro potrebbe chiedere la restituzione della somma oppure il risarcimento danni. Anche altri dipendenti colleghi del lavoratore potrebbero avanzare pretesa di risarcimento danni qualora a causa del comportamento del percettore del beneficio risultassero esserne rimasti esclusi. Il datore di lavoro, infatti, non ha l’obbligo di garantire a tutti i richiedenti l’erogazione dell’anticipo.
La normativa stabilisce che l’azienda deve accogliere il 10% delle domande di anticipo del TFR in un anno e il 4% del numero totale dei dipendenti. Ecco perché il datore di lavoro ha la facoltà di controllare che la somma versata sia utilizzata realmente per gli scopi indicati dal lavoratore al momento della richiesta. O almeno questo è quando stabilito dalla Giurisprudenza in diversi casi.