Una separazione o un divorzio hanno implicazioni anche di natura economica. In pochi sanno, però, che a rischio c’è anche il TFR
Separarsi e, ancor di più arrivare al divorzio, è, ovviamente, qualcosa che va a impattare pesantemente sull’emotività di qualsiasi persona affronti la situazione. Sappiamo da tempo, peraltro, che tutto ciò abbia anche delle implicazioni di tipo economico. Ma in pochi sanno che essere separati o divorziati può portare anche a un dimezzamento del trattamento di fine rapporto. Ecco cosa dice la legge.
Come definito anche dal portale dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, il trattamento di fine rapporto, ossia il TFR, è il contributo corrisposto al dipendente nel momento in cui termina il rapporto di lavoro. Uno dei diritti riservati ai lavoratori secondo l’ordinamento italiano.
L’importo è determinato dall’accantonamento, per ogni anno di servizio, di una quota pari al 6,91% della retribuzione annua e dalle relative rivalutazioni. Ma oggi sappiamo che essere separati e divorziati può incidere sull’entità dell’assegno. Arrivando anche a un dimezzamento. Ecco cosa dice la legge.
L’articolo 12 bis della legge n. 898 del 1970 stabilisce che il coniuge che non ha contratto nuove nozze e che è titolare di un assegno di mantenimento ha diritto a una percentuale del trattamento di fine rapporto (TFR) percepito dall’altro coniuge in caso di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. Tale percentuale corrisponde al quaranta per cento dell’indennità totale relativa agli anni in cui il rapporto di lavoro coincideva con il matrimonio.
Questa norma non fu priva di polemiche, anche con interpretazioni contrastanti. Per esempio, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5.553 del 1999, chiarì che uno dei requisiti per ottenere una percentuale del TFR dell’altro coniuge è che la domanda di divorzio sia stata presentata prima che il diritto al TFR sorga per il lavoratore. La Giurisprudenza, si sa, varia e si evolve nel corso degli anni. E così, circa un quarto di secolo dopo, un ulteriore passaggio.
Un passaggio sancito con la sentenza n. 4.360 del 2023, sempre della Suprema Corte. In questo caso si sancì che il diritto al TFR sorge al momento della cessazione del rapporto di lavoro, indipendentemente dal momento in cui la somma viene effettivamente incassata. Inoltre, stabilì che la data di presentazione della domanda di divorzio coincide con il deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale competente.
Di conseguenza, se il ricorso per il divorzio viene depositato dopo la data in cui è cessato il rapporto di lavoro dell’altro coniuge, il coniuge non avrà diritto a una percentuale del suo TFR. Ad esempio, se il rapporto di lavoro del coniuge è terminato il 1° luglio 2023 e il ricorso per il divorzio viene depositato dopo questa data, il coniuge non potrà ottenere una percentuale del TFR dell’altro coniuge.
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