Sono tanti i punti poco chiari riguardo a NASpI e maternità. Oggi proveremo a dipanare ogni dubbio, punto per punto
La NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) è l’indennità di disoccupazione mensile che lo Stato italiano eroga ai lavoratori dipendenti che perdono involontariamente il lavoro. Negli ultimi anni, la NASpI si è caratterizzata come un nuovo importante pilastro del welfare italiano. Tuttavia, la situazione si complica quando una lavoratrice rimane incinta mentre è già in disoccupazione. In questo caso, la legge prevede il passaggio a un diverso tipo di sostegno, ossia l’indennità di maternità.
Oggi proveremo a spiegare dettagliatamente, ma, allo stesso tempo, in forma semplice cosa succede esattamente se si rimane incinta durante il periodo di percezione della NASpI. E quali sono le condizioni per accedere alla NASpI durante la gravidanza.
La legislazione italiana offre infatti diverse tutele per le lavoratrici in gravidanza, anche in caso di disoccupazione. È fondamentale conoscere i propri diritti e le procedure necessarie per garantirsi il sostegno economico durante questa fase delicata. La NASpI e l’indennità di maternità sono strumenti essenziali che permettono alle lavoratrici di affrontare la disoccupazione e la maternità con maggiore serenità, assicurando un supporto economico costante.
NASpi e maternità: tutto ciò che c’è da sapere
Se una lavoratrice percepisce la NASpI e rimane incinta, l’indennità di disoccupazione non viene modificata negli importi o nella durata, ma viene temporaneamente sospesa. È di cinque mesi il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro. In questo arco di tempo l’INPS sostituisce l’erogazione della NASpI con l’indennità di maternità. La NASpI ritorna solo dopo.
Se si percepisce già la NASpI al momento dell’inizio del congedo obbligatorio, essa viene sospesa per cinque mesi e sostituita dall’indennità di maternità. Se si perde il lavoro all’inizio del periodo di astensione obbligatoria, non si ha diritto alla NASpI, ma si può accedere all’indennità di maternità in alcuni casi specifici. Le dimissioni volontarie in generale non danno diritto alla NASpI, ma se avvengono nel “periodo protetto” della gravidanza, la situazione cambia.
Il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, stabilito dal Decreto Legislativo 151/01, è di cinque mesi. La lavoratrice può scegliere di astenersi dal lavoro nei due mesi precedenti la data presunta del parto e nei tre mesi successivi al parto. Durante questo periodo, la legge vieta il licenziamento. Se la lavoratrice è disoccupata e riceve la NASpI all’inizio dell’astensione obbligatoria, il suo assegno di disoccupazione viene sostituito dall’indennità di maternità, che ammonta all’80% della retribuzione giornaliera, calcolata sull’ultima busta paga.
Le lavoratrici gestanti che sono sospese o disoccupate all’inizio del congedo di maternità possono accedere all’indennità di maternità solo se sono passati meno di 60 giorni tra l’inizio della disoccupazione e l’inizio del periodo protetto. In caso contrario, l’accesso all’indennità di maternità è subordinato alla richiesta della NASpI e alla successiva sospensione per maternità.
Le dimissioni volontarie durante la gravidanza generalmente non danno diritto alla NASpI. Tuttavia, se le dimissioni avvengono nel “periodo protetto” della maternità, in cui vige il divieto di licenziamento, il diritto alla NASpI è mantenuto a condizione che la risoluzione del contratto passi attraverso l’Ufficio Territoriale per il Lavoro. Anche le dimissioni entro il primo anno di età del bambino permettono l’accesso alla NASpI, purché siano soddisfatti i requisiti contributivi (almeno 13 settimane di contributi negli ultimi quattro anni).