Sia la Commissione Europea, che la Ragioneria dello Stato, hanno messo nel mirino le pensioni anticipate italiane. Ecco come si muove il Governo
Da tempo, ormai, Bruxelles monitora le quote pensionistiche italiane. La Commissione Europea è molto attenta per ciò che concerne l’impatto significativo sulla spesa pensionistica nazionale, che è aumentata di quasi 70 miliardi di euro tra il 2019 e il 2024.
La crescita vertiginosa ha reso incerto il futuro di queste misure, con una possibile conclusione delle stesse entro la fine dell’anno. Sul punto, infatti, anche la Ragioneria dello Stato ha alzato le antenne. Ecco, allora, cosa accadrà.
Recenti dati ci dicono che tra l’inizio del 2019 e la fine del 2023, oltre 435.000 lavoratori hanno usufruito della Quota 100 per il pensionamento anticipato. Tuttavia, il governo Draghi prima, con la Quota 102 (64 anni di età e 38 di contributi), e successivamente la Quota 103 introdotta dal governo Meloni, hanno visto un calo significativo di adesioni: solo 36.000 lavoratori hanno optato per queste due misure tra il 2022 e il 2023, con una netta preferenza per la Quota 103.
I dati dell’Osservatorio INPS confermano un calo dell’appeal delle pensioni anticipate: nel 2022 sono state erogate oltre 260.400 pensioni anticipate, scese a 227.639 nel 2023. Nonostante questa diminuzione, le quote pensionistiche, insieme ai costi di indicizzazione legati all’inflazione, continuano a influire sulla spesa previdenziale.
Stop alle pensioni anticipate
Il percorso delle quote pensionistiche, che combinano l’età anagrafica con l’anzianità contributiva, sembra giungere al termine. La Quota 103, recentemente introdotta, prevede e permette l’uscita anticipata con almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi, anche se con alcune penalizzazioni. Questa misura potrebbe rappresentare l’ultimo capitolo della serie iniziata con la Quota 100 dal governo Conte 1 nel 2019.
Il sottosegretario leghista al Lavoro, Claudio Durigon, ha recentemente dichiarato che la Quota 41 è la direzione in cui l’esecutivo intende andare. Tuttavia, anche in versione contributiva, la Quota 41 non sarebbe a costo zero e potrebbe essere accompagnata da una nuova stretta sull’indicizzazione delle pensioni più elevate per recuperare risorse. Dicevamo della Ragioneria generale e della sua attenzione sul tema: nel suo focus sulla previdenza, sottolinea che dal 2029 in poi, la spesa pensionistica rispetto al PIL aumenterà significativamente, raggiungendo un picco del 17% nel 2040.
Di fronte a questi dati, la maggioranza di centrodestra si troverà in difficoltà nel proporre misure espansive sulle pensioni. Entro il 31 dicembre di quest’anno, dovrà essere presa una decisione sul futuro della Quota 103. Il governo potrebbe scegliere di prorogare la Quota 103 in versione penalizzata o, come richiesto dalla Lega, introdurre la Quota 41, che permetterebbe l’uscita con 41 anni di contributi senza soglia anagrafica, ma con un metodo completamente contributivo.