A causa delle rivalutazioni e dei nuovi limiti contributivi, alcune pensioni nel 2024 hanno subito una riduzione: in tre casi i tagli sono esclusi.
La scure dei tagli incombe su quasi tutti le pensioni, con poche eccezioni definite. Per poter capire in che modo evitare decurtazioni sull’assegno previdenziale o come riuscire ad andare in pensione ricevendo quanto progettato oppure sperato, è importante tenere in considerazione alcune variabili.
La prima è la rivalutazione. Poi bisogna anche conoscere le opzioni governative relative alle quote e i trattamenti pensionistici tutelati, come le pensioni anticipate e quelle di reversibilità.
In generale, quota 103 non ha portato una situazione troppo incoraggiante a livello di requisiti. Nel 2024, per poter accedere alla pensione con questa quota, bisogna avere almeno sessantadue anni e c’è bisogno di una contribuzione versata non inferiore a quarantuno anni.
Rispetto all’anno scorso, la differenza è che il calcolo è ora tutto contributivo, mentre prima era misto, cioè la pensione era retributiva fino al 1995 o al 2011 e contributiva poi. Ed è da questa novità che sostanzialmente hanno origine i tagli sulle pensioni.
A cambiare è stata anche la soglia massima di pensione fruibile: nel 2023 era massimo cinque volte il trattamento minimo, mentre ora è massimo quattro volte. Riguardo alla rivalutazione, poi, la normativa vigente prevede che le pensioni di importo complessivamente pari o inferiore a quattro volte il trattamento minimo INPS saranno rivalutate integralmente, cioè al 100%.
Quindi, in questo caso, si può essere sicuri che per le pensioni al di sotto di questa soglia, non ci saranno tagli. Il Governo potrebbe però prevedere una riduzione più contenuta delle pensioni, con l’obiettivo di non creare distinzioni tra le categorie lavorative. Si parla anche di un possibile rinvio della decurtazione a fasi un po’ meno delicate.
Sulle pensioni anticipate maturate entro la fine del 2023 non ci saranno invece tagli, e ciò vale anche se si sceglie di andare in pensione successivamente a tale limite. Per il resto l’unico modo per poter evitare i tagli all’assegno della pensione (così come previsto per tantissimi “quotisti” o lavoratori che pensano di sfruttare quota 103) bisogna rientrare in alcune fasce specifiche.
Per esempio, chi è nato nel 1961 e ha completato i quarantuno anni di contributi entro il 31 dicembre 2023 può evitare i tagli. Un lavoratore con questa situazione contributiva può infatti uscire con la vecchia versione della quota 103. E cioè sfruttando il calcolo misto del trattamento e un importo più alto di quattro volte il trattamento minimo.
La fattispecie è quella della cristallizzazione del diritto, che vale anche per chi è nato nel 1958 o nel 1959. Nel 1958, se aveva già trentotto anni di contributi al 31 dicembre 2022 e può dunque andare in pensione con la quota 102. Invece nel ’59 se alla data del 31 dicembre 2021 aveva maturato trentotto anni di contributi.
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