Per quali ragioni l’assegno di accompagno dell’Inps può essere sospeso? È bene conoscerle per capire come comportarsi in base alle varie situazioni
L’assegno di accompagnamento è un’indennità di enorme importanza per quanto riguarda alcuni dei titolari della legge 104 e, nello specifico, delle persone con invalidità totale e per i soggetti mutilati. Viene infatti corrisposto qualora venga accertata l’impossibilità di effettuare la deambulazione senza l’utilizzo di un accompagnatore o l’incapacità di svolgere le più comuni azioni della vita quotidiana.
Vi sono però dei casi, ed è bene conoscerli preventivamente, nei quali tale misura può essere sospesa. Quando si può verificare questa situazione e per quale motivo? Ve lo spieghiamo
Assegno di accompagno, attenzione ai casi di sospensione: quando può succedere
Una delle principali casistiche legate alla sospensione dell’accompagno riguarda il ricovero del beneficiario, per un periodo superiore ai 29 giorni, presso una struttura sanitaria a carico dello Stato. Attenzione però: l’Inps ha chiarito in un messaggio diffuso nel 2023 cosa succede durante ricoveri prolungati in strutture pubbliche o convenzionate con il Sistema Sanitario Nazionale.
Ovvero qualora l’assistenza non risulti esaustiva e sia necessaria la costante presenza di un familiare oppure di un infermiere privato oppure qualora sia considerata vitale per il benessere del minore nel corso dei trattamenti terapeutici la presenza dei genitori. Tutte situazioni nelle quali non vi sarà la sospensione dell’indennità.
Per fare in modo di evitare la sospensione dell’accompagnamento è essenziale che il titolare oppure il rappresentante legale presenti, anche facendo affidamento sull’amministratore di sostegno, una dichiarazione online all’Inps da inviare al termine del ricovero. Lo si può fare mediante il sito dell’Inps accedendo alla sezione Sostegni, Sussidi e Indennità e successivamente in “Per disabili, invalidi, inabili”. Occorrerà specificare nella dichiarazione sia la data di inizio che di fine ricovero allegando inoltre l’attestazione della struttura sanitaria, una conferma del fatto che l’assistenza fornita nel corso del ricovero non sia stata ‘esaustiva’.
Invece non sarà necessario inviare, unitamente al documento, certificati o cartelle cliniche relativi alle patologie invalidanti. Ricordiamo che per poter ricevere l’indennità è necessario risiedere stabilmente in Italia, essere cittadino italiano o, nel caso di un cittadino straniero dell’UE, essere registrato all’anagrafe del comune di residenza o ancora avere un permesso di soggiorno di almeno un anno nel caso di un cittadino straniero proveniente da uno stato non UE. Altre preziose informazioni sono disponibili presso i Caf o i Patronati.