Contro il tumore del seno metastatico è in arrivo un farmaco rivoluzionario che è in grado di ridurre il rischio di morte fino al 36%.
Il tumore al seno è uno dei più diffusi tra le donne, per i quali la medicina ha fatto incredibili progressi e ha trovato nuovi trattamenti che garantiscono maggiori opportunità di sopravvivenza.
Oggi però vorremmo parlarvi di un nuovo medicinale approvato dall’Agenzia italiana del farmaco, che potrebbe essere la svolta per il trattamento di pazienti con un cancro della mammella metastatico.
Lo scorso anno in Italia sono stati registrati 55.900 nuovi casi di carcinoma mammario. Di questi circa 52.000 vivono con la malattia metastatica: si tratta di numeri in costante aumento.
Il tumore al seno diventa metastatico quando le cellule neoplastiche si infiltrano nei tessuti circostanti. In questa condizione le cellule tumorali sono penetrate nei vasi sanguigni e in quelli linfatici entrando in circolo e facendosi trasportare sia dal sangue che dalla linfa. In questo modo, le cellule tumorali riescono a raggiungere altri organi e i tessuti del corpo.
L’agenzia italiana del farmaco ha provato la rimborsabilità del trastuzumab deruxtecan, un medicinale che può essere utilizzato come mono terapia nei pazienti adulti con cancro della mammella metastatico.
Questo trattamento terapeutico è ideale soprattutto per chi ha già effettuato in precedenza chemioterapia per la malattia metastatica o che hanno sviluppato una recidiva della malattia durante o entro i sei mesi.
Il farmaco potrebbe essere la svolta per migliaia di pazienti. Molti studi infatti hanno osservato una sopravvivenza libera da progressione mediana nell’arco di circa 9,9 mesi, nelle pazienti trattate con questo medicinale. Il trastuzumab deruxtecan ha ridotto il rischio di morte di circa il 36%, facendo registrare notevoli miglioramento di oltre 6 mesi dalla sopravvivenza globale mediana.
“Trastuzumab deruxtecan appartiene alla categoria degli anticorpi farmaco-coniugati, cioè è costituito da un anticorpo diretto contro il recettore HER2, espresso sulle cellule tumorali, e da un potentissimo chemioterapico legato a questo anticorpo: il risultato è di traghettare all’interno delle cellule questo chemioterapico che porta a morte cellulare, limitando l’esposizione dei tessuti normali”, ha spiegato Giampaolo Bianchini, Professore associato di Oncologia Medica e responsabile del Gruppo mammella dell’IRCSS Ospedale San Raffaele.
“Al prossimo congresso dell’ASCO potrebbero essere presentati dati che addirittura espanderebbero il beneficio possibile di questa terapia a un sottogruppo di pazienti con un’espressione di HER2 ancora più bassa di quella che utilizziamo oggi per candidare le pazienti al farmaco”.
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