Dal 1° gennaio del prossimo anno cambia il tariffario della sanità pubblica: penalizzati diversi esami diagnostici, sottoposti ad un sostanzioso aumento a carico dei pazienti.
Come si osserva dalla cronaca istituzionale, già dal mese di novembre si discute (e anche con una certa veemenza) della Legge di Bilancio 2024. Questa priorità si spiega per via della discussione in corso nel Consiglio dei Ministri che produrrà la canonica bozza della manovra, ovvero la Nadef, entro poche settimane, ma di certo ampiamente prima della fine dell’anno.
Le critiche relative alle osservazioni che stanno trovando progressiva conferma nel documento sono alquanto infiammate, a causa della netta inversione di marcia a cui potrebbe accingersi il governo, dopo le misure applicate nel 2023, cucite, più o meno, sulle promesse della campagna elettorale. La realtà sta per presentare il conto, e i sostegni economici straordinari messi in campo per il contrasto all’inflazione hanno svuotato le casse oltre ogni previsione.
Nell’onerosa spesa di quest’anno c’è dunque da includere la misura “salva-inflazione” riguardante l’anticipo (almeno per una quota) dell’adeguamento circa le erogazioni previdenziali (pensioni e indennità), nonché le integrazioni e le maggiorazioni sugli aiuti già esistenti destinati in particolar modo alle famiglie. Senza dimenticare i “surrogati” del Reddito di Cittadinanza (Supporto Formazione e Lavoro, Assegno di Inclusione), attivi dallo scorso ottobre.
Per la riparazione della contabilità si parla già di un prezzo piuttosto alto da pagare per gli italiani, colpiti a prescindere dal reddito familiare: aumentano le tasse della casa (come la cedolare secca) e le imposte (via l’iva agevolata al 5% su pannolini e assorbenti, portata al 10%), oltre alla programmazioni di nuovi esborsi per il Fisco. Nella cornice delle iniziative poste in essere dalla nuova legge di bilancio, è posto altresì l’accorpamento delle aliquote reddituali per determinare le imposte sulle persone fisiche.
Mentre si prospetta il rischio della diminuzione di alcune pensioni verso i dipendenti pubblici, ossia a medici e personale ospedaliero, salta fuori che dal 1° gennaio 2024 entrerà in vigore il nuovo Nomenclatore Tariffario inerente alla specialistica ambulatoriale. Le modifiche erano in realtà già previste, ma in senso migliorativo: ad oggi, la probabilità va incontro al rischio di disparità regionali a danno dei pazienti del Servizio Sanitario Nazionale.
La preoccupazione si concentra sulle persone affette da malattie rare e senza diagnosi; il nuovo NT non comprende i test genetici per i ritardi cognitivi nei bambini autistici. Senza una diagnosi tempestiva, si compromette lo sviluppo e la qualità di vita di questi bambini. Ciò si traduce in costi aggiuntivi per sostenere questi onerosissimi test.
Tale lacuna nel Tariffario non sarà a costo zero per il SSN: sul lungo termine, le diagnosi tardive si traducono in costi sanitari complessivi in aumento. Le Regioni possono recuperare autonomamente questo gap sanitario finanziando le convenzioni, ma ciò creerà gravi disparità per chi vive nelle Regioni più svantaggiate.
Ma a livello nazionale, il disservizio significherà la mancanza di codici di esenzione (come il codice R99), ritardi diagnostici e la penuria di test di prevenzione, scaricati come oneri finanziari sulle famiglie: come il sequenziamento dell’esoma, nella diagnostica delle malattie genetiche, non incluso nei LEA, i livelli essenziali di assistenza.
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