Occorre monitorare l’andamento e la pericolosità dell’ex vaiolo delle scimmie. La segnalazione arriva dall’ultima analisi pubblicata su Science
La pandemia di Covid ci ha fatto comprendere come i virus non debbano essere sottovalutati perché il rischio di una loro massiccia diffusione in un breve arco di tempo è concreto e potenzialmente molto pericoloso. A tal proposito, si è dunque tornati a puntare l’attenzione verso un’infezione virale nota da molto tempo ma in merito alla quale occorre valutare una serie di aggiornamenti.
Si tratta del vaiolo delle scimmie, provocato dal monkeypox virus che appartiene alla famiglia Pxviridae e che viene trasmesso dagli animali. E’ un’infezione nota da molto tempo e considerata ‘emergenza di salute pubblica internazionale’ dal 23 luglio 2022, da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità.
Vaiolo delle scimmie, l’ultima analisi è preoccupante: serve una sorveglianza globale
A tal proposito è stata realizzata una ricerca i cui risultati sono stati pubblicati su Science che non aggiungono buone notizie in merito a questa infezione virale. L’analisi in questione infatti lancia un vero e proprio allarme in merito alla pericolosità del vaiolo delle scimmie aggiungendo che occorre intervenire con una revisione dei “messaggi di sanità pubblica” se lo si vuole “debellare dalla popolazione umana”, impedendone in tal modo la ricomparsa. Il problema del Monkeypox virus (Mpxv) è che, proprio come accaduto con il Coronavirus, sta mutando molto rapidamente. Il motivo è collegato alla sua continua “interazione con il sistema immunitario umano”, come sottolineato, insieme ad altri esperti dell’università scozzese di Edimburgo, da Aine O’Toole.
La ricercatrice sostiene che l’infezione non debba più, alla luce delle ultime osservazioni relative alla “trasmissione sostenuta del virus”, essere considerata una zoonosi. E che inoltre sia la gestione che il controllo dell’epidemia vadano ripensati ampliando il livello di sorveglianza su scala globale e non limitandolo alle sole zone di diffusione.
Ricordiamo che il vaiolo delle scimmie si è diffuso in Africa ma che nel 2003 si registrò il primo focolaio negli Stati Uniti, collegato ad un’importazione di mammiferi infetti. Nell’arco del periodo 2018-2021 sono stati riscontrati 12 casi al di fuori dell’Africa mentre nel 2022 sono stati segnalati diversi focolai anche dalle aree appartenenti all’Unione Europea e non collegati a viaggi o a mammiferi importati. Da qui l’innalzamento del livello di attenzione dato che in origine l’infezione da Mpxv era considerata endemica dell’Africa centrale e occidentale e la sua trasmissione avveniva in seguito al contatto con i roditori.
L’evoluzione del virus è stata valutata mediante un orologio molecolare sviluppato ad hoc. E da quanto emerso, la variante B.1 del virus attualmente circolante nell’uomo presenta numerose mutazioni legate all’esposizione all’enzima APOBEC3. Un segnale del fatto che il virus sta circolando in modo sostenuto all’interno della popolazione umana ed in questo modo riesce a mutare più velocemente. Raccogliendo i dati, gli esperti hanno ipotizzato che il virus nella sua tipologia più recente stia circolando almeno dal 2016 negli esseri umani. E che dunque l’epidemia stia continuando “senza sosta”. Da qui la necessità di una “sorveglianza globale” per difendersi e tentare di debellarlo definitivamente.