Assumere una baby sitter in nero fa rischiare molto con la legge: eccole quali sono le conseguenze per i datori di lavoro che compiono questa scelta.
Purtroppo il lavoro in nero in Italia è una forma ancora molto diffusa con cui si assumono le persone senza aver stipulato un regolare contratto lavorativo.
In particolar modo, per quanto riguarda i lavori domestici esiste la convinzione che essi non debbano essere regolarizzati da alcun tipo di contratto sotto forma scritta, ma non è veramente così: infatti, ogni tipo di attività lavorativa deve essere siglata da una firma da parte sia del dipendente sia del datore di lavoro. Questo non solo permette al dipendente di poter versare tutti i contributi e pagare quindi le tasse, ma è fondamentale anche per la tutela in caso di eventuali incidenti sul lavoro. Infatti, chi dovesse assumere un dipendente senza stipulare un contratto rischia gravi conseguenze.
Ecco cosa dice la legge se si assume una baby sitter in nero: cosa dice la legge
Il lavoro domestico ha la stessa valenza di un qualsiasi altro lavoro e di conseguenza deve essere regolare, a prescindere dal fatto che una baby sitter, in questo caso specifico, lavori solo un paio di ore al giorno o un paio di ore alla settimana. Le conseguenze che subirebbe un datore di lavoro, nel caso in cui non facesse firmare il contratto alla persona che vuole assumere, sono molto pesanti.
Innanzitutto qualsiasi datore di lavoro deve necessariamente comunicare all’Inps di avere assunto una baby sitter, oltre che a comunicare nell’immediato un’eventuale cessazione del rapporto lavorativo o una modifica dello stesso. In caso contrario, si può incorrere in una sanzione amministrativa che può variare da 200 ai 500 euro.
Se il datore non invia la comunicazione di assunzione, il lavoratore in questione non viene iscritto all’ente provvidenziale da parte dell’Inps, e la sanzione che può subire il datore può andare da 1 500 ai 12 000 euro, ai quali si possono aggiungere anche 150 euro di penalità per un giorno in cui la baby sitter ha effettivamente lavorato.
Inoltre, è presente anche una tassa sul mancato pagamento dei contributi, per cui il datore di lavoro si ritroverebbe a pagare almeno 3 000 euro indipendentemente dalla durata della prestazione e delle sanzioni civili del 30 % su base annua, calcolate sulla cifra dei contributi che non sono stati pagati. Infine, pagare in ritardo i contributi comporta un’ulteriore sanzione da parte dell’Inps pari al 40 % dell’importo dovuto nel trimestre oppure sulla cifra che va ancora pagata.